Visita ai laboratori di farmacologia dell’ospedale San Paolo di Milano – Intervista al Dr. Bottai

Lunedì 20 gennaio le Cure Girls sono state in visita ai laboratori di farmacologia dell’ospedale San Paolo di Milano.

Di seguito potrete leggere l’intervista che ci ha gentilmente rilasciato il Dr. Daniele Bottai.

  1. Dr. Bottai ci descrive brevemente la ricerca che state portando avanti in merito alle lesioni spinali?

“Da quando, nel 2006, mi sono trasferito all’Università degli Studi di Milano ho iniziato ad interessarmi di Lesione Spinale utilizzando un nuovo (a quei tempi) strumento “farmacologico”: le cellule staminali neurali. Avevo lavorato per 3 anni nel Laboratorio del Professor  Angelo L. Vescovi e avevo imparato a manipolare le cellule staminali neurali (cioè provenienti da alcune regioni del cervello) sia umane che di topo.

In questi 8 anni passati all’Università degli Studi di Milano siamo riusciti a studiare il ruolo di diversi tipi di cellule staminali nel trapianto in animali cha avevano subito una lesione spinale, in particolare abbiamo studiato gli effetti di cellule staminali neurali e embrionali murine e umane del liquido amniotico (AFCs) con il proposito di trovare delle fonti di cellule staminali che fossero facilmente reperibili e con le appropriate caratteristiche per il trattamento di patologie neurologiche.

In generale possiamo dire che questi trattamenti cellulari (effettuati in acuto) hanno effetti decisamente positivi e statisticamente significativi da un punto di vista funzionale (motorio) e morfologico. Dopo trattamento con le cellule sopra elencate, i topi tornano a camminare (anche se in maniera non uguale a come facevano prima della lesione); mentre gli animali lesionati e non trattati sono in grado di muovere gli arti posteriori ma non di camminare. Questi risultati sono stati riassunti in 3 lavori scientifici:

Bottai D., Cigognini D., Madaschi L., Adami R., Nicora E., Menarini M., Di Giulio A. M., Gorio A. (2010). Embryonic Stem Cells Promote Motor Recovery and Affect Inflammatory Cell Infiltration in Spinal Cord Injured Mice. Experimental Neurology 223; 452–463;

Bottai D., Madaschi L., Di Giulio A. M. and Gorio A.. (2008) Viability-Dependent Promoting Action of Adult Neural Precursors in Spinal Cord Injury. Molecular Medicine, 14(9-10); 634-644.

In base a questi risultati ci siamo quindi chiesti quale fosse il meccanismo che induceva questo miglioramento nell’animale.

La risposta è stata che in questo modello animale il ruolo delle cellule è prettamente trofico e esse non vanno a sostituire, se non in minima parte, le cellule danneggiate o morte.

Varie sono le molecole trofiche (citochine) che sono coinvolte in questo fenomeno. Recentemente ci siamo concentrati sulle cellule del liquido amniotico. Abbiamo scelto questo tipo di cellule poiché la disponibilità di liquido amniotico da parti cesarei a termine è pressoché illimitata e non presenta problematiche di natura etica ed esigui rischi per il nascituro al momento del prelievo.

In un lavoro che pochi giorni fa ci è stato accettato per pubblicazione (Bottai D., Scesa G., Cigognini D., Adami R., Nicora N., Abrignani S., Di Giulio A.M., and Gorio A. Third trimester NG2-positive amniotic fluid cells are effective in improving repair in spinal cord injury. Experimental Neurology ) abbiamo dimostrato che un fattore trofico, prodotto dalle AFCs, importante per l’induzione del recupero morfofunzionale era il fattore di crescita degli epatociti (HGF) e che questa citochina veniva prodotta solo da particolari sub popolazioni delle nostre cellule ovvero quelle che esprimevano sulla loro superficie la proteina NG2 (un proteoglicano di membrana). Tale proteina di membrana potrà essere, si spera, utilizzata in futuro per selezionare tra le cellule del liquido amniotico quelle che hanno una azione terapeutica. Attualmente stiamo studiando quale sia la correlazione tra NG2 e HGF.”

2.      Ricerca su lesione acuta o su lesione cronica: ci spiega la differenza? Vantaggi e svantaggi.

“Non credo che possiamo parlare di differenze tra lesione acuta e cronica in termini di vantaggi e svantaggi, sono due condizioni patologiche diverse, ovviamente l’acuta progredisce nella cronica con il passare del tempo con un danno che è prevalentemente di de-mielinizzazione.

In questo contesto ci troviamo di fronte a due differenti tipologie di pazienti ovvero quelli acuti e cioè che da pochi giorni o settimane hanno subito il danno al midollo spinale i quali sono in uno stato infiammatorio molto pronunciato che esacerba il danno meccanico primario danneggiando ulteriormente il tessuto e quelli cronici che invece hanno subito il danno spinale da più tempo (mesi ed anni), in cui la degenerazione indotta dal danno primario e quello secondario della SCI causa la formazione di una cavità circondata dalla cicatrice gliale che separa la lesione dal tessuto non danneggiato ed impedisce la rigenerazione nervosa.

Attualmente il ricercatore ed il clinico si trovano davanti a queste due tipologie di pazienti poiché in prima istanza non sono stati capaci di approntare terapie efficaci per trattare i malati acuti.

L’approccio terapeutico per il paziente che da poco ha subito il danno spinale è indirizzato alla riduzione dello stato di compressione e al controllo del danno secondario dovuto all’infiammazione tramite il farmaco metil-prednisolone, approccio fra l’altro che non pare essere di una sufficiente efficacia, come si capisce dal fatto che il numero di para o tetraplegici cronici sta, purtroppo aumentando.

Nel paziente cronico invece ci troviamo di fronte ad una situazione ben differente con la barriera ematoencefalica che si è richiusa ed una cicatrice gliale costituita principalmente da fibroblasti provenienti dalle meningi e astrociti reattivi che producono proteoglicani (molecole della matrice extracellulare) che sono responsabili dell’inibizione della crescita di assoni.

In questa situazione l’approccio terapeutico è enormemente differente da quello approntato nello stato acuto della lesione spinale.

Infatti la rimozione (sia essa meccanico-chirurgica che enzimatica) è condizione sine qua non per poter approntare un qualsiasi tipo di intervento volto a ricostituire o rimpiazzare le cellule morte o danneggiate e a ricostruire gli assoni facendoli crescere nell’appropriata direzione.

In questo contesto il trattamento del paziente cronico necessita di più interventi concomitanti:

1)  Trattamento con farmaci che inducano la rigenerazione assonale;

2)  Trattamento con farmaci che riducano gli effetti inibitori della cicatrice gliale sia meccanici che enzimatici con condroitinasi che dovuti a fattori chimici inibitori come bloccanti di Nogo e altri componenti della mielina;

3)  Trattamento con cellule o sistemi costituiti da nanomateriali e cellule.

Alcuni di questi approcci qualche anno fa sono risultati inefficaci ma alla luce degli sviluppi dei nanomateriali e di nuove tipologie di cellule staminali credo che potrebbe essere appropriato ridiscutere queste vie.”

3.      Come pensate si possa risolvere il problema della cicatrice?

“Come ho già accennato nella precedente risposta, affinché si possa pensare ad un approccio che porti alla ricostituzione delle vie sensitive e motorie, occorre rendere la zona della cicatrice permissiva alla sopravvivenza di cellule che vi vengano trapiantate e che possa permettere la crescita assonale con le modalità atte a garantire la ricostituzione delle vie di trasmissione.

Con tale intento la rimozione della cicatrice è sicuramente necessaria e va approntata riducendo al minimo il rischio di indurre nuovi danni.

In questo contesto il lavoro sperimentale in fase preclinica ovvero con modelli animali è essenziale ma al contempo molto complesso dato che animali di piccole dimensioni presentano difficoltà pratiche di intervento e animali più grandi presentano delle problematiche sia di stabulazione e costi che sono fuori dalla portata della gran parte dei laboratori che conosco.

Infine la traduzione dei risultati ottenuti in fase preclinica è molto difficile per una tipologia di pazienti come quelli che hanno la lesione spinale la cui patologia è molto variabile a causa del fatto che il danno è molto casuale e quindi porta a differenze tra un paziente e l’altro”.

4.      Si può applicare la vostra ricerca alle Lesioni Spinali Croniche?

“L’applicabilità delle cellule nel liquido amniotico in modelli di lesione spinale cronica deve essere verificata sperimentalmente quindi a priori posso dire che tale intervento può essere approntato ma ovviamente con gli appropriati aggiustamenti di protocollo sperimentale. Infatti, mentre nel modello acuto noi abbiamo una azione prettamente trofica, nel caso del cronico si potrebbe eventualmente ipotizzare un trattamento locale a livello della cicatrice allo scopo di verificare se queste cellule possano contribuire a modificare la cicatrice stessa e a riformare le vie danneggiate sia differenziandosi in cellule del sistema nervoso centrale (neuroni, oligodendrociti e astrociti) oppure inducendo le cellule staminali endogene a differenziarsi in cellule mature. In questo contesto il precedente trattamento con condroitinasi potrebbe migliorare la riuscita dell’esperimento.”

5.      Avete collaborazioni con altri istituti di ricerca? Quali?

“Come ho accennato nella nostra discussione in istituto, ritengo che le collaborazioni siano la linfa vitale della ricerca, in questi anni ho avuto collaborazioni con vari gruppi di ricerca e consorzi. In primis metterei il progetto Fungenes: Functional Genomic of non Human Embryonic Stem Cells; finanziato dalla Comunita Economica Europea, VI Programma Quadro. (500000 € per 3 anni) (in collaborazione con il Prof. A. L. Vescovi di cui ero il deputy (viceresponsabile)). Tale progetto si prefiggeva di studiare caratteristiche proliferative e differenziative delle cellule staminali. Tale progetto coinvolgeva e raggruppava circa una ventina di istituti in tutta Europa e fondamentalmente è quello che mi ha permesso di meglio affinare le mie conoscenze sulle cellule staminali.

-Studio del recupero funzionale indotto dal trapianto di cellule staminali neurali in modelli animali acuti di contusioni del midollo spinale; finanziato dalla Fondazione Cariplo. (300000 € per 2 anni) (Coordinatore il Prof. A. L. Vescovi).

E’ stato un progetto che mi ha poi introdotto nel mondo della lesione spinale, e al quale devo, grazie all’aiuto del Prof. Vescovi, la scelta nel proseguire la ricerca nelle patologie neurodegenerative

-Cellule staminali neurali: un nuovo approccio cellulare per l’atrofia muscolare spinale; finanziato dalle Fondazioni Onlus Asamsi e Famiglie SMA Italia. (Responsabile con il Prof. A. L. Vescovi).

Inoltre sto attualmente collaborando per il progetto “Ruolo delle cellule staminali nella terapia del glaucoma” (il glaucoma è una patologia neurodegenerativa) con il Professor Luca Mario Rossetti, che svolge attività clinica e di ricerca nel mio Dipartimento e con la dottoressa Valentina Massa (che lavora sempre nel mio dipartimento) per uno studio su patologie neurologiche.”

6.      Quali sono i passi necessari per arrivare a sperimentare sull’uomo le vostre scoperte scientifiche?

“Per poter iniziare una fase clinica 1-2 e che cioè preveda lo studio della sicurezza (che molto probabilmente questo tipo di cellule hanno appartenendo alla classe delle mesenchimali che sono già ampiamente state testate in vari trial clinici) e di efficacia occorrerà prima la validazione da parte di altri laboratori dei risultati che abbiamo ottenuto. Successivamente occorrerà derivare le cellule in modo che siano compatibili con il trapianto nell’uomo ovvero trattarle in condizioni di Good manifacturing practice (GMP) che prevede l’utilizzo di materiali “human grade” allo scopo di ridurre il rischio per il paziente (per patologie prioniche come il ben noto Morbo della mucca pazza ad esempio). Questa procedura è attualmente fuori dalla nostra portata economica dato che necessita di condizioni di sterilità e di purezza che non possiamo ottenere a meno di non costruire dei laboratori appositi.”

7.      Esiste qualche ostacolo particolare che rallenta il vostro lavoro?

“L’attuale situazione finanziaria del nostro paese in cui i tagli hanno colpito molti settori economici e culturali strategici è vissuta, da noi ricercatori, con molta apprensione. Se è pur vero che i finanziamenti debbano essere assegnati a coloro che la ricerca la fanno e quindi la premialità all’eccellenza è una condizione essenziale in questa contingenza (italiana e mondiale), i tagli purtroppo negli ultimi anni hanno toccato anche i gruppi o i ricercatori che producono lavori di qualità. Non c’è quindi che da sperare che questo trend cambi e che eventualmente organizzazioni e associazioni (onlus) possano aiutare finanziando progetti mirati”.

Ringraziamo il dr. Daniele Bottai per la disponibilità e il tempo che ci ha dedicato.

 Cure Girls Arcangela, Marina e Loredana

One thought on “Visita ai laboratori di farmacologia dell’ospedale San Paolo di Milano – Intervista al Dr. Bottai

  1. Sono in disaccordo con la risposta n° 2 del Dr. Bottai perché credo che comparando lo studio delle lesioni midollari acute e croniche si possano identificare numerosi vantaggi e svantaggi da diversi punti di vista, scientifico, economico ecc.
    Anzitutto farei notare che se si trovasse una cura per le lesioni croniche potrebbero usufruirne sia le persone che vivono con una lesione spinale che quelle che avranno una lesione in futuro. Quindi è sicuramente preferibile dare priorità alla ricerca di una cura per le lesioni croniche. Purtroppo però la ricerca sulle lesioni midollari è quasi interamente rivolta verso le lesioni acute e questo denota un profondo disinteresse dei ricercatori nei confronti dei pazienti, tranne quando i pazienti diventano una potenziale fonte di finanziamento. Peccato però che quando i pazienti raccolgono fondi e li danno ai ricercatori questi li utilizzano quasi sempre per fare ricerca sulle lesioni acute senza porsi alcun problema etico a riguardo. Difficile da credere, ma questa è la realtà.
    Considerando aspetti pratici, fare studi su roditori con lesione cronica richiede almeno sei settimane in più perché gli animali dopo la lesione spinale devono attendere almeno sei settimane per avere una lesione cronica e quindi ricevere la terapia oggetto dell’esperimento. Dunque i ricercatori devono lavorare 6 settimane in più con i relativi costi per arrivare alle conclusioni dello studio ed eventualmente alla relativa pubblicazione scientifica che porta loro prestigio e ulteriori finanziamenti per fare ulteriori studi. Dal punto di vista del ricercatore ovviamente è più semplice lavorare sulle lesioni acute.
    Quando una ricerca di laboratorio da buoni risultati e si decide di testarla sull’uomo si devono affrontare costi enormi e nella maggior parte dei casi è necessario trovare degli investitori che si fanno carico dei costi e dei rischi della sperimentazione clinica per poi eventualmente trarne profitto se la terapia ha successo e viene resa disponibile a tutti i pazienti.
    Sempre più spesso accade che le prospettive di profitto sono modeste e di conseguenza nessun investitore finanzia i costi per la sperimentazione clinica.
    Considerando che una terapia efficace sulle lesioni croniche si applica ad un numero di pazienti molto più ampio e quindi offre un potenziale profitto molto più rilevante, diventa più facile trovare investitori nel caso di terapie potenzialmente efficaci per le lesioni croniche.
    Inoltre un sperimentazione clinica su pazienti con lesione cronica offre ulteriori vantaggi come ad esempio:
    1) I pazienti vengono reclutati dalla popolazione esistente, quindi il reclutamento è più rapido e, di conseguenza, si risparmia tempo e si riducono i costi.
    2) I pazienti con lesione cronica possono viaggiare più facilmente quindi si può fare la sperimentazione clinica in un solo centro di riferimento riducendo ulteriormente i costi.
    3) Nel caso di una lesione cronica il paziente è neurologicamente stabile quindi può essere usato lui stesso come confronto per determinare gli effetti della terapia (non serve il gruppo di controllo) quindi si riduce il numero di pazienti necessari per completare una sperimentazione clinica riducendo ulteriormente i tempi ed i costi.
    In conclusione la ricerca sulle lesioni spinale acute molto spesso non ha nessuna possibilità di tradursi in un trattamento efficace per le persone.
    Quindi perché quasi tutta la ricerca sulle lesioni midollari è concentrata sulle lesioni acute? Il dubbio è che questo convenga ai ricercatori i quali forse hanno il solo interesse a produrre più pubblicazioni possibili nel più breve tempo possibile perché questo è il solo modo in cui viene giudicato il valore di un ricercatore.
    Che le persone e la società traggono o no beneficio dal lavoro di un ricercatore non ha NESSUNA importanza, quindi io non sono sorpreso dal fatto che la maggior parte delle ricerche riguarda solo le lesioni midollari acute.
    Credo quindi che sia urgentemente necessario rifocalizzare la ricerca dalle lesioni acute alle lesioni croniche prima di erogare nuovi finanziamenti in questo campo.

    DMA

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